martedì 4 marzo 2014

Via Castellana Bandiera: specchio d'artista

Una Palermo femmina, ma anche maschia, anarchica e intrallazzatrice è il dipinto che Emma Dante affresca alla sua prima prova da regista cinematografica. Dal suo romanzo “Via Castellana Bandiera”, edito dalla Rizzoli, la Dante scrive la sceneggiatura del film omonimo insieme a Giorgio Vasta, altro scrittore palermitano D.O.C., e a Licia Eminenti. L’opera vince e convince nel complesso e rende maggiormente fruibile quella sperimentazione a cui la Dante ci ha abituati col suo Teatro. La trasposizione in pellicola esalta l’amara ironia già del romanzo e in più rende visibilmente godibili allo spettatore non passivo tutti i nostri conflitti di spazio e le contraddizioni materiali di una città e di un’Isola intera. Ciò che scorre sul grande schermo potrebbe apparire come una vicenda personale circoscritta a due, ma se questo è vero in parte, non sono solo i conti della palermitana Dante a rimanere sospesi, ma quello di tutti nella virtuale partita doppia dell’inconscio isolano. Nella piccola ambientazione di una strada tagliata all’interno di un’architettura disordinata, improbabile come casbah, dove immancabilmente svettano le parabole di Sky e il denaro contante che, più che sotto ai mattoni, viene custodito dentro al reggipetto delle “matri” e matrone e dentro i calzini lunghi, come nelle mutande, degli “omini di panza”, si consuma la vicenda delle duellanti automobiliste (Emma Dante ed Elena Cotta, rispettivamente Rosa e Samira) caparbiamente impuntate, in una strada senza direzioni obbligate da segnali, a non cedere la ruota, il passo, il movimento e la direzione all’altra per il raggiungimento della meta finale. C’è ignorante cattiveria in chi invece guarda dall’esterno e che travalica il conflitto delle due maschere silenziose che si studiano da dentro l’abitacolo. Gli altri, i vicini così come gli apparentati (più o meno parte della tradizionale famiglia ristretta come di quella nuova allargata), in apparenza sono pacifici ma subdolamente sollecitano il sangue e scommettono sulla vita dell’una contro l’altra.


E pian piano che la vicenda si assottiglia, si concentra e si srotola, ci si accorge che lo specchio dell’artista fa passare tante verità come bugie, molte luci come ombre, tutte apparentate dall’unico impegno di ingannare quella solitudine comune che deriva dall’ignoto. Una vicenda più complessa del facile folklore dunque che non riguarda una sola realtà degradata come quella di una parte di Città abusiva ed abusata, ma tutte le città esistenti in noi donne e uomini di diversa qualità e costume. E se poi lo spettatore è abbastanza bravo da poter abilmente dirigere una delle due orecchie agli altri avventori di quella galleria buia ch’è il cinema, sempre con l’accortezza di non mantenere la sola concentrazione a quanto detto alle spalle ma dirigendo anche l’altro padiglione auricolare alla visione scorrevole sullo schermo, ci si accorge di essere immersi in una grande messinscena, un palcoscenico semimobile dove tutti siamo più o meno protagonisti. L’automobile, questa “piccola gabbia quotidiana” di Palermo, ritorna. In un immaginario cinematografico e contaminante che dalla “concentrazione di gabbie” che rendono il “traffico” una delle piaghe cittadine di Palermo, nell’esilerante “Johnny Stecchino” di Benigni, alla “gabbia status symbol” in cui si pavoneggia, in una surreale sequenza panoramica di stereotipi isolani, Tony Servillo, nel film di Daniele Ciprì, altro palermitano, in “E’ stato l figlio”; tratto dall’omonimo romanzo di un altro attento osservatore del repertorio di pazzie cittadine e siciliane come lo scrittore, guarda caso anche lui palermitano, Roberto Alajmo. Appare pertanto riduttivo (e senza sbocco) svolgere la rappresentazione di “Via Castellana Bandiera” in un conflitto interiore e non sanato della regista con la sua città. L’amore-odio e il conflitto spazio-tempo non sanati, dunque, sono il nocciolo; perché non si può mai fuggire da se stessi o da dove si è partiti, come non si può andare, senza poi tornarci, a quel luogo dove la bambina si rifugiava tra gli agrumi a contare numeri - fino a quattromila - dove non c’era nulla da contare.

Tommaso Gambino

6 commenti:

  1. La recensione che hai scritto di Via Castellana Bandiera: specchio d'artista, certamente stimola la curiosità di chi legge a saperne di più sul libro.
    Questo significa aver centrato l'obiettivo.
    Bravo Tommaso Gambino.
    L.I.

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  2. sono d'accordo con Lucia ! bravo Tommaso !

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  3. Una bellissima recensione, invoglia sicuramente a ritrovare tutti gli elementi analizzati con tanta cura.

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  4. Benvenuto e complimenti. La tua latta mi ha messo curiosità e dopo averla letta ho ancora sete.
    Bravo!

    Nina

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  5. non ho visto il film ma ho apprezzato la scrittura così visiva di Tommaso che non ha bisogno dei miei complimenti, lui è scrittore di vecchio pelo e qeuste cose le fa bene!
    bravo Tom!
    giorgio

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